Che cosa sono le bolle informative? E come cerchiamo di tirartene fuori?
Sono una conseguenza di come sono progettati gli algoritmi dei social, ci isolano da idee e punti di vista alternativi e polarizzano il discorso pubblico. È anche per questo che parliamo di tutto.
Le bolle informative, che potresti avere già sentito nominare con l’espressione inglese information bubbles o filter bubbles, sono un fenomeno caratteristico dell’epoca dei social network, che attraverso gli algoritmi che li animano tendono a esporci quasi esclusivamente ad argomenti, informazioni, notizie e opinioni che confermano le nostre idee, i nostri gusti o le nostre preferenze, mentre tutto ciò che è contrario, diverso o laterale rispetto ai nostri interesse, viene filtrato o ignorato.
Se all’inizio poteva anche essere un fenomeno interessante, quanto meno per dare la possibilità di esistere anche a nicchie molto piccole e molto lontane dal mainstream, ormai è si è affermato come un fenomeno molto pericoloso. Gli effetti sono tanti, sono legati tra loro e innescano un circolo vizioso dagli effetti nefasti.
Si comincia con la riduzione della varietà delle informazioni a cui siamo esposti, il che ci porta a rafforzare le nostre convinzioni e i nostri pregiudizi, il che fa aumentare la polarizzazione e il conflitto, prima online, sui social, e poi nella realtà, fino ad ostacolare completamente il dialogo e scatenare una guerra di tutti contro tutti.
Questa spirale, una volta inquinato il dibattito pubblico e quello politico, inquina le nostre democrazie e manda in vacca tutto.
Questa cosa delle bolle esiste anche offline. Se guardiamo alle riviste cartacee che ci stanno di fianco negli scaffali delle librerie dove ci potete comprare, che poi sono i nostri competitor diretti per la vostra attenzione (della guerra per l’attenzione abbiamo parlato nella scorsa puntata, che puoi leggere qui), ci troviamo di fronte quasi sempre a pubblicazioni monografiche, verticali e monotematiche.
Siamo arrivati alla seconda domanda del titolo, che c’entra con la prima e che ci fate in tanti, abbastanza spesso…
Perché non fate numeri monografici?
Noi rispondiamo sempre nello stesso modo, e sempre più convinti. Perché forse sarebbe più comodo e facile per vendere in libreria, ma il compito di una rivista per noi è quello di spaccare le bolle informative di cui sopra, non cavalcarle. Per questo siamo una rivista generalista, ovvero che parla di tutto.
Il nostro quindi è prima di tutto un motivo politico, che abbiamo scelto lucidamente e che rivendichiamo insieme alle altre cose che fanno della Revue la Revue. Non siamo monotematici perché il nostro obiettivo è farti uscire dalla bolla informativa in cui tutto tende a rinchiuderti, farti scoprire cose nuove, farti unire i puntini.
Perché non è vero che le cose che ci succedono intorno sono slegate tra loro. Anzi, è vero il contrario: tutto si tiene. E per affrontare ogni problema bisogna unire i puntini, fare convergere gli sforzi e ricomporre la lotta.
E parlare di tutto è il punto di partenza necessario.
E quindi, di cosa parliamo in questo numero 15?
Senza tergiversare, andiamo dritto al sodo, che ce n’è di ciccia. Andiamo direttamente a vedere l’indice di questo quindicesimo volume della Revue:


Si inizia con una storia a cui teniamo tantissimo. Intendiamoci: a tutte teniamo tantissimo, ovviamente, ma a questa ci teniamo in modo particolare per l’urgenza del tema e per il fatto che non se ne parla abbastanza. Il titolo è Educate your son, l’ha scritta Albachiara Re, l’ha illustrata Mel Zohan e affronta il problema della violenza di genere da un punto di vista particolare: quello dei centri di recupero dei maschi violenti.
La seconda è un reportage a cui lavoriamo da circa un anno e mezzo insieme a un duo di designer che si chiama This is not a Duo. Si tratta del nostro primo esperimento di giornalismo speculativo.
Insieme a
e Giulio Bordonaro e alle matite di Pablo Cammello faremo un viaggio che ci porterà dai primi incubatori del passato fino a potenziali scenari futuri impressionanti. Nessun salto fantascientifico, solo speculazione basata su dati e su tendenze in atto. Una storia pazzesca, rigorosa e nello stesso tempo distopica. Siamo molto curiosi di sapere cosa ne pensate.La terza è un’inchiesta sulla psicologia online, una tendenza sempre più diffusa di psicoterapia che per molte persone può essere una salvezza (costa meno della terapia classica) ma che ha dei alti oscuri che il trio di giornalist che ci hanno lavorato, Francesca Cicculli, Roberta Lancellotti e Edoardo Anziano ci faranno esplorare grazie ai disegni di Claudia Razzoli.
La quarta, ancora una volta di un trio di giornalist, Michele Bertelli, Federica Bonalumi e Alessandra Tranquillo, con alle matite Ivano Talamo ci porterà sulle Alpi a scoprire l’impatto dell’economia del turismo invernale sulle comunità montane, giusto in tempo per le Olimpiadi tra Milano e Cortina, ma andando oltre, per una inchiesta che si pone delle domande importanti sul presente e sul futuro delle nostre montagne.
La quinta inchiesta, che per la prima volta ha addirittura ispirato questa quindicesima copertina pazzesca (ve la riveleremo nelle prossime settimane), parte da un luogo che negli ultimi tempi si è trasformato tantissimo: l’edicola. Tra crisi e tentativi di sopravvivenza, e Andrea Fasano, ci porteranno a scoprire alcuni bellissimi esempi di ricostruzione di comunità — come gli amici di
e quelli di Edicola 518 — ma anche di esempi molto meno “radiosi” di rinascita delle edicole.La sesta e ultima inchiesta (ultima solo di posizione, ovviamente) segna il ritorno sulle nostre pagine di una delle giornaliste con cui abbiamo collaborato di più in questi anni, la bravissima , che questa volta ci parla dell’ora di religione nelle scuole italiane.
Intorno a queste sei storie, come al solito troverete le rubriche: da quella animalista di Zuzu, in collaborazioni con Essere Animali, a quella ecologista di Alterales, ai taccuini di viaggio di Andrea Ferraris, ai viaggi nei misteri della mente umana di e Riccardo La Bella, fino alla ormai classica rubrica di cucina — questa volta affidata alla Came — e allo scarabocchio di Maicol&Mirco del trimestre.
Se hai già un abbonamento, riceverai questo numero all’inizio di dicembre — speriamo entro il 7-10 del mese. Se invece ancora non hai un abbonamento, beh, forse è il momento di farlo! Se ti abboni ora, insieme al numero 15 ti manderemo un arretrato a sorpresa in regalo! Che aspetti, abbonati adesso!
Un weekend intenso!
Tra venerdì 7 e domenica 9 novembre, abbiamo organizzato un sacco di cose belle: a Milano in addirittura tre location diverse e a Roma in una libreria che amiamo tanto, Risma Bookshop!



A Roma
Venerdì 7 novembre, a partire dalle 19 saremo ospiti delle amiche di Risma Bookshop dove Giacomo Zandonini e Beatrice Galli racconteranno la loro bellissima inchiesta Il grande attracco (che abbiamo pubblicato nel numero 14) insieme ai membri del Collettivo No Porto!
A Milano
La prima occasione del lungo weekend milanese sarà in un bar, La Battagliera di via Palmanova, dove la sera di venerdì 7 novembre, Massimo Colella e Andrea Coccia racconteranno come è nata la Revue e qual è l’idea che muove questa impresa eccezionale, ovvero fare informazione a fumetti empatica mentre il mondo del giornalismo va a una velocità folle, ha una violenza tremenda e ci bombarda di contenuti ogni secondo.
La seconda sarà a un festival vegano, il MiVeg, che si svolgerà sabato 8 e domenica 9 Novembre agli East End Studios in Via Mecenate. Ci troverete Massimo Colella al banchetto delle Revue e domenica alle 14 presenteremo la serie di Zuzu in collaborazione con Essere Animali.
La terza sarà un altro festival, questa volta di illustrazione, il Paw Chew Go, che si svolgerà da BASE, in via Bergognone, sabato e domenica. Avremo un salottino dedicato dove troverete dalle 10 alle 21 Andrea Coccia e un po’ di autrici e autori della Revue a fare disegni e chiacchiere con voi: Hurricane Ivan, Elena Mistrello, Francesca Arena, Pablo Cammello, Jazz Manciola e Jacopo Starace!
Speriamo di vedervi in tante e tanti!
Ci rileggiamo mercoledì prossimo!
La Revue




